mercoledì 28 febbraio 2007

"TU VUO' FA' L'IRANIANO..": i rapporti tra Italia e Iran tra pacifismo e interessi dell'ENI

Stamane A. Larijani, negoziatore iraniano sul nucleare, ha dichiarato di aver ricevuto da R. Prodi delle idee per una soluzione pacifica del contenzioso sul nucleare iraniano. Questo fatto può essere visto non solo come un ulteriore testimonianza dell'impegno pacifista dell'Italia in sede internazionale, ma anche dei buoni rapporti diplomatici che in questi mesi il governo Prodi ha tenuto con l'Iran.
Ma fermarsi a queste considerazioni sarebbe una lettura superficiale della questione. L'Italia infatti, come affermato dal premier francese De Villepin, ha conoscenze approfondite della repubblica islamica, che le consentono di sapere come gestire anche la spinosa questione del nucleare: una conoscenza approfondita data dal fatto che l'Italia costituisce "il primo partner commerciale" di Tehran.
L'Iran è il tra i primi cinque produttori mondiali di petrolio, che viene gestito, (analogamente a quanto avveniva in Iraq prima della svolta liberista attuata dal protettorato statunitense) su controllo statale; ciò comporta che gli affari dei privati stranieri in questo settore sono vincolati a ragioni politiche; l'Italia è molto attiva nell'import di greggio e gas e nell'export di macchinari industriali di cui la repubblica islamica necessita. A conferma degli ottimi rapporti commerciali tra i due paesi si pensi alla fondazione di una Camera di Commercio Italo-Iraniana nel 1999 e all'accordo, nel 2001, tra la Banca iraniana Bank Markazi e l'UBAE Arab Italian Bank, joint-venture arabo-italiana per il finanziamento delle importazioni iraniane dall'Italia.
Non si vuole qui entrare nel dettaglio dei numerosi interscambi economici tra Italia e Iran, che investono i settori più svariati, ma concentrarsi su un'azienda italiana che si è distinta in questi anni nell'impegno commerciale estero: l'ENI, basti pensare a Nassyria o a all'Iraq.
L'ENI è attiva in Iran in due giacimenti, uno petrolifero e uno a gas. Benito Li Vigni, ex dirigente ENI e autore del libro "Le guerre del petrolio", descrive così in un'intervista gli interessi dell'ENI in Iran: "siamo stati i primi ad avere concessioni Buy-Back . Questo tipo di contratto prevede che la società petrolifera che trova un giacimento, nel nostro caso sempre l'Eni, può tenere per sé il ricavato della vendita del greggio fino a che non copre i costi che ha sostenuto per la ricerca, e dopo può trattenere solo il 25 per cento dei ricavi, dando il restante 75 per cento allo Stato. In Iran vige il Buy-Back e il PSA è bandito", aggiungendo che in caso di attacco all'Iran "l'Italia perderà con tutta probabilità i suoi giacimenti".
Risulta ora più chiaro come l'impegno dell'attuale governo Prodi a stemperare i toni della crisi e le sanzioni all'Iran vada ben oltre il ripudio italiano della guerra espresso dall'articolo 11.
Ma c'è un'altro aspetto interessante della questione: l'Italia, non smettendo di intrattenere, tramite l'ENI, rapporti commerciali con Tehran, viola l'ILSA, l'Iran-Libya Sanction Act, reso legge dall'amministrazione Bush nel 2001, che imporrebbe sanzioni a chi contribuisse a sviluppare le risorse petrolifere iraniane e libiche, contribuendo indirettamente a favorirne tramite l'arricchimento, l'ascesa al nucleare.
L'impegno "pacifista" dell'Italia nella crisi iraniana si pone così in linea con Russia e Cina: tutti paesi che avrebbero da perdere molto economicamente nella prospettiva di un attacco all'Iran. Le ragioni economiche si pongono così come movente ma anche come potenziale deterrente sulle sorti di un conflitto.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

L'Italia dovrebbe maturare una scleta in politica estera autonoma senza seguire troppo gli Stati Uniti. L'Iran è governata da uno squilibrato ma ha quello che non abbiamo noi, le risorse energetiche. D'Alema dovrebbe portare avanti una negoziazione che possa favorire maggiore risalto al nostro paese.