La storia inizia il 1° maggio del 2003, con l'insediamento alla guida dell'Iraq del proconsole statunitense Paul Bremer, dopo la deposizione di Saddam Hussein. Bremer costituisce la Coalition Provisional Authority (CPA, ora dissolta) che vara il nuovo assetto costituzionale iraqueno, composto tra l'altro di 100 ordinanze (orders) per la ricostruzione del sistema economico iraqueno e la gestione delle sue risorse.
Il leit motiv della nuova politica economica iraquena, come emerge dalle ordinanze, è la privatizzazione delle risorse di stato, non escluso il petrolio, che verrà prodotto e distribuito da multinazionali, sopratutto statunitensi, facendo quindi le veci della compagnia petrolifera di stato iraquena. Grazie al PSA, il Production sharing agreement, letteralmente "accordi di condivisione della produzione", il monopolio del greggio iraqueno sarà delle multinazionali estere per i prossimi 30 / 40 anni, con perdite da 2 a 7 volte il budget nazionale dell'Iraq. Ma c'è di più: a prender parte della svendita del petrolio iraqueno c'è l'ENI, ancora una volta all'apice delle cronache dopo il rapimento dei tecnici in Darfur e gli interessi a Nassirya.
E' per questo numerose ONG e associazioni, tra cui Un Ponte Per, CRBM, AMISNET (che avanza anche delle proposte su una gestione alternativa del petrolio iraqueno) chiedono di firmare la petizione online al ministro dell'economia Padoa Schioppa per chiedere che l'Italia, tramite l'ENI che è di proprietà statale per il 32%, si dissoci dal saccheggio delle risorse petrolifere iraquene.
Ancora una volta arriva la conferma che il sistema economico vigente, nel suo tentativo di monopolio delle risorse naturali, sta alla base dei conflitti mondiali, da cui si potrà uscire non solo con difficili manovre politiche (l'Italia ne è un esempio lampante), ma prima di tutto con la diffusione di un modello alternativo di sviluppo, come propone la Campagna per la riforma della Banca Mondiale.
Nessun commento:
Posta un commento