Oggi si terrà una manifestazione a Vicenza, sicuramente oscurata da quella di Roma e Palermo dell'opposizione di governo contro la Finanziaria, contro l'edificazione della più grande base Usa in Europa presso l'aeroporto "Dal Molin"(e la seconda in città oltre alla Ederle) con adesioni di gruppi politici, sindacali, cattolici, ma prima di tutto di cittadini, vicentini, italiani e statunitensi, oltre all'appoggio di Noam Chomsky e di Emergency. La protesta, oltre che per ragioni ideali di contrarietà alla militarizzazione del nostro paese, contraria all'impegno per la pace sancito dall'articolo 11 della costituzione, trova anche altre motivazioni.
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Come rilevato dagli studi effettuati dall'Ing. Vivian e dal Centro di studi di Bonn sulla Conversione in aree militari, la costruzione della base comporterebbe un impatto ambientale ed economico notevole sulla città, con consumi pari a "30.000 vicentini per l'acqua, 5.500 per il gas naturale, 26.000 per l'energia elettrica", tenendo conto della non sottoscrizione da parte degli USA del protocollo di Kyoto, che viene applicata alle basi, dove vige la legislazione statunitense. A questo si aggiungono le conseguenze economiche causate dalla diminuzione dell'insediamento vicino alla zona militare -per paura di attentati (l'attenzione per la vicenda della televisione Al-Arabiya ne è la conferma) e per l'inquinamento- con la conseguente svalutazione del 30% degli immobili, che significa meno entrate per il Comune, meno turismo, meno occupazione.
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Ma quel cui si assiste dietro il progetto è la corsa agli appalti: tra le 22 aziende finora in lista, aziende italiane e non, immobiliari e di altri ambiti, spicca quello di Telecom Italia. Le dichiarazioni beneauguranti sui fini unicamente "abitativi" dell'area, ricalcano quella "politica del sorriso" (di cui parla Andrea Licata dell'Università di Trieste), che nulla tuttavia esclude riguardo all'utilizzo della base, in funzione bellica, per il futuro, come confermano le dichiarazioni di un generale statunitense e le fonti statunitensi: il "Dal Molin" fa parte di un progetto europeo ai fini dell'invio di maggiori truppe in Iraq e Afghanistan.
La corsa agli appalti, e le ingenti somme stanziate dal Congresso americano per la costruzione dell'area, conferma come la guerra e tutto ciò che vi è legato, sia un fattore essenziale di possibilità e rilancio economico, la cui risposta non può che essere, come suggerisce Licata, quella di farsi sentire con azioni non violente di massa, come la manifestazione, il referendum previsto per ottobre e il boicottaggio economico e politico.
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