sabato 31 marzo 2007

IL BENE E IL MALE DELLA DEMOCRAZIA: la polemica CEI contro i DICO

Non passa giorno in cui la CEI non aggiunga un tassello alla polemica contro i DICO. Le dichiarazioni odierne del neoeletto presidente della CEI, Monsignor Bagnasco, mettono in luce i fondamenti “ideologici” alla base dell’opposizione alle coppie di fatto: Bagnasco afferma innanzitutto che, se il “criterio oggettivo per giudicare il bene e il male” viene sostituito dall’ “opinione generale” ovvero l’opinione pubblica, o da “maggioranze vestite di democrazia ma che possono diventare ampiamente e gravemente antidemocratiche, o meglio violente”, si potrebbe degenerare in “aberrazioni” come “legalizzazione dell’incesto o la pedofilia tra persone consenzienti”; Bagnasco porta poi come esempi di queste maggioranze apparentemente democratiche i casi di Inghilterra, dove “un fratello e sorellahanno figli, vivono insieme e si vogliono bene” e dell’Olanda, con il caso del partito dei pedofili. Per quanto riguarda questo primo punto, vorrei fare alcune osservazioni. Innanzitutto i concetti di “bene e male oggettivi” di “naturale e contro natura” richiamati anche da molti Angelus del Pontefice, non hanno un fondamento oggettivo, ma culturale, ed è la stessa Storia a mostrarlo: con il mutamento delle epoche sono mutati i concetti di bene, male, naturale e innaturale, adattati di volta in volta al potere dominante; ma la CEI parla anche di “natura”, “diritto naturale”, ma senza chiarire precisamente su cosa si fondi questo “criterio antropologico dell’etica che riguarda la natura umana, che e’ anzitutto un dato di natura e non di cultura”: la “natura umana”, storicamente ha assunto comportamenti e norme differenti a seconda delle culture e delle epoche, a meno che non si voglia assumere un criterio etnocentrico come la “superiorità della civiltà occidentale”; Bagnasco sembra poi farsi portatore di un inedito concetto di democrazia, che, slegata dall’opinione pubblica, non è più il “potere del popolo”, al fine di riconoscerne i diritti giuridici, e comporta così un mutamento della rappresentanza dei deputati, rappresentanti non più del popolo, ma del clero; ma se uno stato non è retto dal potere del popolo, dal diritto pubblico, ma da una ristetta minoranza ecclesiastica, l’alternativa alle “maggioranze antidemocratiche e violente” di cui parla Bagnasco non può che essere una teocrazia; conseguenza inevitabile del venir meno del potere del popolo è che il “criterio naturale e oggettivo di bene e male” sia da sostituirsi all’ “autodeterminazione di due individui consenzienti”; Infine, se è realmente un interesse nella preservazione della specie umana ad animare la polemica della CEI, non si vede perchè un tema che mette radicalmente più in discussione la permanenza del genere umano, ovvero lo stato globale di guerra nel mondo, trovi posto solo in rare dichiarazioni estemporanee del Pontefice, non assumendo quella rilevanza che l’attualità politica, con il voto sul rifinanziamento delle missioni militari, potrebbe suggerire. Tirando le conclusioni, sembra che l’attenzione dei vescovi sia concentrata su un tentativo di mutamento delle regole del gioco democratico, che si inserisce alla perfezione nello status di mancanza di rappresentanza politica dei deputati: i cattolici praticanti in Italia, oscillano, secondo stime di Alleanza Cattolica, tra il 25% e il 35% (dati CESNUR), meno della metà della popolazione italiana, e non tutti sono contari a riforme come il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, o a temi ancora più spinosi quali l’eutanasia. L’opposizione ai DICO, semplice riconoscimento giuridico di una realtà maggioritaria presente nel paese (le coppie di fatto sono il doppio dei matrimoni, fonte ISTAT), si configura quindi, al di là dei fini specifici del clero, come un altro caso (accanto al rifinanziamento delle missioni belliche, al Dal Molin, etc.) che trasforma la democrazia italiana in un’oligarchia dei “poteri forti”. A ulteriore dimostrazione che il “bene” non è di tutti, ma chi comanda.

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