- L'uccisione, peraltro cruenta, dell'interprete afghano al seguito di Mastrogiacomo non fa certo pensare a un'atto di clemenza dei Taliban;
- Sembra peraltro riduttivo pensare a un compromesso dei Taliban una volta ottenuta la scarcerazione di alcuni loro capi (ma non il ritiro del contingente italiano): anzi, l'uccisione del giornalista avrebbe potuto portare a un ripensamento del rifinanziamento italiano alla missione ISAF;
- In terzo luogo, seppure importanti, non penso che gli appelli della popolazione italiana alla liberazione possano davvero aver influenzato il rilascio, come mostrano i casi passati di giornalisti rapiti e giustiziati;
Nonostante gli attori della vicenda siano stati molteplici (i Servizi Segreti italiani, il governo Karzai, e pure, pur nelle critiche seguite, gli USA), è dominio comune la centralità nella mediazione di Emergency. L'ospedale afghano dell'ONG cura gratuitamente chi vi si presenta, senza distinzione di età, credo religioso o appartenenza politica: detto in una parola, cura anche i guerriglieri Taliban. Non soffermandomi qui sull'importanza pratica e simbolica di questa iniziativa, che risponde appieno alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, voglio sottolineare come l'apertura di un confronto civile con i Taliban e la soluzione pacifica che ne è seguita sia stata proprio merito di un organizzazione che svolge una vera missione umanitaria, fatta non con armi e bombe, ma con cure mediche libere e aperte a tutti. Il dialogo dei Taliban con Emergency mostra la considerazione positiva dell'ONG nel paese, anche tra le frange estremiste, che non può non aver influenzato la liberazione di Mastrogiacomo. E forse proprio la diversa sorte toccata all'italiano rispetto all'afghano sta nell'italianità dell'ONG, e nella considerazione positiva che ne deriva per l'Italia presso la popolazione afghana.
Ne concludo che se veramente il rifinanziamento della missione italiana ISAF è fatto in funzione umanitaria, e se la permanenza del contingente italiano è vista come la condizione essenziale per avviare la guerra afghana verso un'esito pacifico, come espresso dal ministro D'Alema, essa vada ripensata, cambiata nei suoi connotati proprio alla luce di questa esperienza positiva.
Tendiamo a pensare all'idea di una Conferenza di Pace che coinvolga i Taliban un'idea addirittura rivoluzionaria, sicuramente controcorrente con le strategie in voga, come le "offensive primaverili". Ma proprio perchè controcorrente, la Conferenza di Pace non potrà avvenire finchè non si realizzi un passo effettivo, e non solo simbolico, verso la pace, che pensiamo non possa che avvenire con il ritiro del contingente italiano o con una seria ridefinizione dei presupposti e dei fini della missione ISAF. Trovare una soluzione alternativa all'offensiva militare non significa certo supportare i Taliban o auspicare un loro ritorno al potere. Ma la guerra in Afghanistan, considerata la distanza tra i numerosi morti civili e militari (per rimanere aggiornati si veda peacereporter), la distruzione del paese e i pochi risultati raggiunti, è una violazione dei diritti umani al pari del regime Taliban.
Ripensare la missione in Afghanistan significa partire dalla "convinzione che nulla sia comparabile al valore di un’esistenza umana e che, quando concretamente sia in pericolo un’esistenza umana, per salvarla si debba compiere ogni atto che non ne distrugga direttamente altre" come recita il comunicato stampa di Emergency in merito alla vicenda Mastrogiacomo. Se l'Italia vuole seguire la propria convinzione pacifista con la Conferenza di Pace, non è solo necessario creare un'unità europea come quella auspicata ieri dal Presidente Napolitano, ma anche dare alla popolazione afghana il ruolo di protagonista della propria rinascita, e non quello di vittima: ma per far ciò sono forse più necessarie delle armi opere come quella di Emergency (in parte peraltro finanziata dall'Italia) nuove infrastrutture, la depurazione dell'acqua...Un popolo sano e vivo saprà decidere autonomamente per la democrazia, se la vorrà. Ma la missione ISAF, con le sue vittime civili e i suoi bombardamenti, non può che portare inimicizia per l'Occidente e supporto ai Taliban, rendendo vana non solo una "vittoria" militare ma anche una reale volontà di democrazia del popolo afghano.
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