Due sono i termini che caratterizzano il panorama politico in queste ultime settimane: “Casta” e “Antipolitica”. La “Casta”, come ben evidenziano Stella e Rizzo nel saggio omonimo, è l’attuale sistema politico, smascherato nei suoi sprechi, nella sua capacità capillare di insidiarsi in ogni settore della vita pubblica e privata, generando poltrone, poltroncine, enti e associazioni, e di autoriciclarsi, come ben esemplificato dal “porcellum” elettorale vigente, o dal Partito Democratico, semplice somma di partiti e personalità anacronistiche, anagraficamente e sopratutto politicamente.
L’uscita dalla casta allora non può che essere rappresentata da personalità che alla “politica” non appartengono o la rinnovano, i “tecnici” alla Montezemolo, i “giovani 50enni rampanti” alla Sarkozy, che simbolizzano una classe dirigente giovane e (apparentemente) estranea al teatrino degli interessi di bottega (o di casta) della politica. Argomenti populistici certo, ma che fanno breccia su un elettorato come quello italiano, caratterizzato da un’insofferenza diffusa, accentuata dalla distanza della propria “terza settimana” dall’OdG settimanale del Parlamento. E lo strumento d’uscita da questa situazione non può che essere visto nel referendum, popolare per definizione, che sfoltisca il “magnamagna” di Palazzo verso un sistema bipartitico. Una democrazia moderna come la Francia ha fatto un governo giovane, in tempo record, composto da personalità di spicco, indipendentemente dall’appartenenza partitica: al di là del diverso sistema presidenziale, è un modello da tenere in conto. Quel che è certo, come è stato previsto da Massimo D’Alema, è che ci stiamo avviando a una crisi analoga a quella che fece crollare la Prima Repubblica, tale da disegnare scenari da rivoluzione come quello provocatorio dello scrittore che, a “Porta a Porta”, si auspica l’avvento di un monopartitismo, ovvero una dittatura.
Come uscire allora dalla Casta? Con una nuova leadership? Affidandola al “camaleontico” (come l’ha definito Giuliano Ferrara) Casini (con i suoi progetti di “Terzo Polo” e “Grande Centro” alla Bayrou, il candidato centrista francese), o a una nuova “casta” di “tecnici” alla Montezemolo (la cui quantità di cariche farebbe esplodere il conflitto di interessi), o ai giovani rampanti tipo Veltroni? E il referendum bipartitico (con sbarramento al 3-4% e premio di maggioranza al partito con più voti), eliminanerà partitini che condizionano il programma dei governi, darà forse più stabilità ma riuscirà anche a eliminare gli sprechi e il sistema di raccomandazioni?
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